Intervista al giornalista e scrittore Marco Lobasso, tra professione, passioni e… Soccavo

di Tommy Totaro 

 

In principio fu… Napoli Oggi. Poi, sono arrivati Il Giornale di Napoli, Il Mattino, Leggo e Il Messaggero. Una vita dedicata alla carta stampata, quella di Marco Lobasso, giornalista professionista, scrittore e grande appassionato di Sport, tra gli abitanti eccellenti del nostro quartiere, che in questa intervista rilasciata a Soccavo Magazine, si racconta a 360 gradi.

 

Marco, partiamo dall’inizio. Dove sei nato e cresciuto? 

A due passi dalla Torre dei Franchi, che per me resta la malinconica istituzione… il simbolo di Soccavo, che si sta rovinando per l’incuria e per la poca sensibilità delle istituzioni della nostra città. Qualche anno fa ho fatto fare un dipinto con la Torre in primo piano. Pochi mesi dopo è crollata un’ala della storica costruzione. Tengo molto a questo quadro, è stato il modo di dimostrare il mio amore verso Soccavo.

 

Come ti sei avvicinato al mondo del giornalismo? 

Quando ho cominciato, negli anni ‘80, il mondo del giornalismo era completamente diverso. Un’altra era geologica. Scrivere su un giornale – io ho iniziato dal settimanale Napoli Oggi diretto da Orazio Mazzone, che era stato direttore de Il Mattino -, significava essere centrali nell’informazione di allora. L’opinione di un giornalista di carta stampata era incredibilmente importante. Oggi, molto meno.


Attualmente ricopri la carica di responsabile della redazione sportiva del quotidiano nazionale Leggo…

Sì. L’impegno maggiore è quello di seguire il calcio nazionale, con i grandi club in prima linea, oltre ai principali eventi sportivi italiani e mondiali. Lavorare in un quotidiano nazionale ti fa crescere professionalmente, ma ti allontana inevitabilmente dalla realtà giornalistica napoletana.

 

Che consiglio daresti a ragazzi intenzionati ad intraprendere la carriera di giornalista? 

È un discorso lungo, cercherò di sintetizzarlo. Bisogna fare tutto presto e bene: laurea entro i 22 anni e intanto sviluppo della conoscenza della lingua inglese e delle capacità informatiche e intermediali. La Facoltà che consiglio è Scienze della Comunicazione. Entro i 24 anni, diventare giornalista professionista e poi prendersi del tempo per puntare in 6-8 anni ad essere assunto in una testata di valore. Penso a Sky, Mediaset, Rai, Corriere della sera, Repubblica, Gruppo Caltagirone. Insomma, marchi giornalistici importanti. Serve più tempo, ma è una strada sicura e professionalmente rilevante. Meglio puntare il più in alto possibile. Per i giovani, non vedo utili iniziative piccole e private, penso a siti web, emittenti televisive e radio locali. Meglio arrivarci quando non si è stati fortunati negli obiettivi più importanti e non si vuole abbandonare il giornalismo, magari, ad un’età in cui c’è bisogno di guadagnare e sostenersi.

 

Giornalista, ma anche scrittore. Ci racconti qualcosa sui libri che hai pubblicato? 

In realtà, oltre a scrivere di saggistica ho creato una piccola casa editrice, LeVarie. Pubblico lavori di sport e biografie di un certo livello. La piccola editoria mi affascina, mi piace immaginare la mia terza età come una terza vita lavorativa da scrittore e piccolo editore.

Ce n’è uno al quale tieni di più? E se sì, perché? 

Sì, la biografia di un famoso costruttore napoletano, Wolf  Chitis, dalla vita avventurosa e ricca. Il libro si intitola: “Sotto una buona stella” e ha avuto anche un notevole riscontro di vendite.

 

Tornando a Soccavo, cosa ti piace del quartiere e cosa, invece, no? 

Soccavo ha tantissimi cittadini seri, lavoratori e molto laboriosi. Sono indipendenti e orgogliosi e credo dipenda dal fatto che nel dna abbiano la consapevolezza di essere stati un corpo ben diverso da Napoli, un comune a parte, certo, molto agricolo e un po’ chiuso, almeno fino a cento anni fa.

Di negativo c’è che in 26 anni sono nati pochi progetti culturali di livello, come teatri, cinema, biblioteche, centri culturali. Nulla. Unica nota positiva, lo sport con il Polifunzionale, che può vantare il fatto di essere stato un impianto utile per gli allenamenti delle Universiadi.

 

Da esperto di Sport, credi ci possa essere un futuro per l’ex Campo Paradiso? 

C’è una questione fallimentare, che non mi fa essere positivo per il futuro. Peccato, perché il Centro Paradiso è una casa storica dello sport ed un museo a cielo aperto dell’epopea di Maradona nel nostro quartiere.

 

Tu cosa proporresti per un possibile recupero di quell’area ormai abbandonata a se stessa da anni? 

Inutile proporre idee ora, al massimo spingerei le istituzioni comunali a fare qualcosa per accelerare le questioni giudiziarie ancora in piedi in merito alla struttura.

 

Secondo te, come siamo messi in fatto di strutture sportive in zona? 

Ho accennato al Polifunzionale: un’ottima cosa per il quartiere. Come calcio, tennis, danza abbiamo ottime realtà. Bisognerebbe avere il coraggio di puntare anche su altre discipline ma i soccavesi, ormai l’ho capito, non amano rischiare troppo e vanno più sul sicuro.

 

Volendo iniziare ad instaurare un dialogo costruttivo, cosa chiederesti al nuovo Presidente della nostra Municipalità? 

Cultura, cultura e cultura. E anche tanta informazione di qualità, così da dare forza anche a iniziative editoriali lodevoli come la tua. Di sviluppare progetti culturali di medio-alto livello. Soccavo ne ha bisogno e deve crescere in questo campo, non può rimanere indietro in questa folle corsa verso il futuro.

 

Marco Lobasso mostra la nostra intervista in versione cartacea

 

Marco Lobasso mentre legge Soccavo Magazine

Iscriviti per ricevere un'email ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo

Controlla la tua casella di posta o la cartella spam per confermare la tua iscrizione

Condividi.
error: I contenuti del sito sono protetti!
Exit mobile version