di Tommy Totaro
“Il mare, una volta lanciato il suo incantesimo, ti terrà sempre nella sua aura di meraviglia”. Parola del navigatore ed oceanografo francese Jacques-Yves Cousteau, condivisa appieno anche dal soccavese Pasquale Vassallo, tra i più virtuosi e pluripremiati fotografi subacquei a livello internazionale.
Pasquale, com’è nata la sua passione per la fotografia? E quella per le immersioni?
La mia innata curiosità e il desiderio di approfondire l’adorazione nei confronti del mare, mi hanno spinto ad immergermi sempre più spesso, prima in apnea, poi, con l’utilizzo delle bombole. Ed in seguito, ad appassionarmi alla fotografia subacquea, così da “catturare” meraviglie in tutti i mari del mondo e trasmettere, anche agli altri, le emozioni che vivevo in acqua, animato dall’interesse nei confronti dei diversi organismi marini e i loro ecosistemi.
Il suo primo scatto?
Ad un piccolo scorfano nelle acque di Bacoli.
Che formazione ha?
Sono un autodidatta, cresciuto confrontandomi con tanti amici subacquei e fotografi, alcuni dei quali, all’inizio della mia carriera, ritenuti irraggiungibili. Oltre al confronto, credo, sia fondamentale anche l’umiltà. Comunque, col tempo, la voglia di crescere, se si è realmente motivati, porta a costruirsi una formazione “su misura” e uno stile fotografico proprio.
Qual è stata la sua prima macchina fotografica?
Una Nikonos III a pellicola, cui ne sono seguite tante altre, fino ad arrivare al digitale, che ha in parte cambiato il sistema e l’approccio alla fotografia. Oggi, infatti, le foto vengono sì realizzate in acqua, ma poi una buona parte va lavorata al computer per creare i giusti equilibri che, magari, con lo scatto non sei riuscito a raggiungere.
Cosa non può assolutamente mancare nella sua attrezzatura base?
La mia inseparabile custodia Seacam, affidabile e maneggevole, che mi permette di realizzare al meglio tutti i miei scatti.
Cosa differenzia le sue foto da quelle dei suoi colleghi?
Beh, non credo di essere la persona più adatta a rispondere a questa domanda. Preferirei che lo facesse chi ha già ha avuto o avrà modo di osservare i miei scatti e quelli di altri, per poi fare un confronto. Comunque, sono dell’idea che la fotografia, non solo quella subacquea, sia legata all’occhio di chi la realizza ed ognuno di noi può vantare una formazione, un’esperienza e uno stile personali.
C’è però anche da dire che in Italia, pur essendoci tanti fotografi subacquei, pochi riescono a fare la differenza, in quanto molti, purtroppo, cercano di scopiazzare immagini già viste.
C’è una foto, tra quelle scattate finora, cui è maggiormente legato?
Ogni immagine che realizzo, anche quelle meno conosciute e più banali, per me contano tanto, visto che dietro ogni scatto c’è una storia, una motivazione. Situazioni particolari, che ti permettono, poi, di dare un valore, anche se solo personale, a quello scatto.
Nel napoletano, qual è l’area che le ha dato maggiori soddisfazioni dal punto di vista professionale?
Lavoro molto nel Mediterraneo, in modo particolare nel nostro Golfo. Sono legato a tutta l’area dei Campi Flegrei, da Miseno a Torregaveta… C’è un forte feeling con queste zone, così come per le isole di Ischia e Procida e ho una vera passione per il parco sommerso di Baia, che ancora oggi mi regala tantissime emozioni.
Cos’è che l’attrae di più del Parco Archeologico dei Campi Flegrei?
Frequento quel posto da tanti anni, è davvero incredibile, sia dal punto di vista archeologico, che biologico. Infatti, grazie all’istituzione dell’area marina protetta, si è riusciti a salvaguardare sia il valore dei reperti presenti sul fondo marino, che a ripristinare la fauna acquatica. Prima, ci si immergeva nel “deserto”, ora, tra grosse quantità di pesci.
In questi anni, ha collezionato un riconoscimento prestigioso dietro l’altro ed è stato premiato più volte da National Geographic…
Sì, e questo non solo mi riempie di gioia, ma mi rende fiero del mio mare e del nostro Golfo. Oltre a ricevere premi, ho avuto anche il privilegio di veder pubblicati alcuni miei servizi dal magazine National Geographic: uno, dedicato all’invasione delle meduse nel Golfo di Napoli nel 2007 ed altri 3 relativi al Parco sommerso di Baia. Ma la foto che mi ha regalato il successo è quella scattata a mezz’acqua del polpo con alle spalle parte del Golfo e il Vesuvio innevato.
Che consiglio darebbe a un giovane intenzionato a seguire le sue orme?
Organizzo spesso workshop dedicati alla fotografia subacquea e agli allievi che mi chiedono consigli, sottolineo sempre l’importanza della curiosità, quella che mi ha portato a conoscere meglio gli organismi marini e i loro comportamenti, così da agire di conseguenza.
La foto che le piacerebbe scattare, ma ancora non se n’è presentata l’opportunità?
Anche in questo caso, ce ne sarebbero diverse. Comunque sia, mi auguro si tratti di una foto in grado di sorprendermi. Mi piacerebbe, ad esempio, “catturare” le megattere, che ho avuto l’opportunità d’incontrare solo una volta, ma fotograficamente non sono stato capace di realizzare un buono scatto.
In occasione di Procida Capitale della Cultura 2022, ha preso parte a un interessante progetto. Ce ne parla?
Sì, con altri due amici fotografi subacquei ho partecipato a una mostra ispirata all’interazione tra organismi marini e inquinanti, ovvero tutto ciò che purtroppo va a finire in mare. Le immagini raccontavano, allo stesso tempo, la bellezza e la tristezza del nostro Golfo, denunciando in modo insolito comportamenti scorretti. Eppure, basterebbe davvero poco: cambiare atteggiamento ed avere un po’ più di rispetto per l’ambiente, per far sì che anche le prossime generazioni possano godere delle bellezze del nostro mare.
A cosa sta lavorando in questo periodo?
Essenzialmente, ad interventi legati all’ambiente, sia nelle scuole, che in alcuni circoli nautici, in attesa che il clima migliori, per dedicarmi a nuovi progetti.