A delineare il quadro e a fornire soluzioni, il fisioterapista dei Campioni, Vincenzo Longobardo

 

 

Lo studio di fisioterapia e posturologia FisioNapoli del dottor Vincenzo Longobardo, si occupa quotidianamente di problematiche relative al mondo dello sport e, tra le patologie più ostiche di spiccato interesse troviamo, di sicuro, la Pubalgia. Per essere più precisi, utilizzeremo il termine più moderno: Sindrome retto adduttoria o Groin Pain.

Solitamente, questa problematica si verifica negli atleti che praticano sport ad alta intensità, in cui sono previsti energici cambi di direzione e/o movimenti ripetuti dell’articolazione dell’anca, come il calcio, l’hockey sul ghiaccio, la corsa, il rugby e il tennis. Ad essere colpiti da questa patologia sono soprattutto gli atleti di sesso maschile e, nella maggior parte dei casi, è innescata da un precedente trauma o da una sindrome da sovraccarico (overuse) dell’adduttore lungo, del retto del femore e dell’ileopsoas, oppure dei traumi che provocano lesioni tendinee o della giunzione mio-tendinea.

 

Le lesioni acute del retto del femore si verificano sovente durante la calciata e lo sprint, mentre quelle dell’ileopsoas durante i cambi di direzione.

Alla base dell’insorgenza di un dolore all’inguine possono esserci diverse cause:

*Cambiamento dell’intensità degli allenamenti;

*Alterazione anatomica di femore e articolazione dell’anca;

*Gestione del riposo e dei tempi di recupero dal dolore non adeguati;

*Stress psico-fisico del calciatore;

*Variazione del ruolo in campo del calciatore;

*Scarpini nuovi;

*Superficie d’allenamento diversa dal solito;

*Perdita o aumento non progressivo del peso corporeo;

*Stati febbrili o infezioni recenti;

*Riduzione delle ore di sonno notturne.

 

Il Groin Pain viene spesso sottovalutato e/o ignorato nelle fasi iniziali e molti atleti continuano a giocare con il dolore fino a che non diventa invalidante. Ciò porta a due complicanze: la prima è l’aggravarsi della patologia, la seconda è l’attuazione di strategie di compenso acquisite durante l’attività praticata con dolore, che si traducono in una minor qualità della performance.

 

Come si cura?

La letteratura scientifica suggerisce che un percorso basato sull’esercizio terapeutico ha un’efficacia di gran lunga maggiore rispetto a un trattamento con terapie passive. Affiancare all’esercizio delle tecniche di terapia manuale sugli adduttori o delle sedute con fisioterapia strumentale come laser, tecar, pompa diamagnetica e onde d’urto, velocizza il return to sport.

 

1) In una fase iniziale, l’atleta riesce a giocare senza problemi, lamentando solo un indolenzimento a livello inguinale, che si riduce con qualche giorno di riposo. In questa

fase, con il giusto programma fisioterapico, il calciatore può tornare ad allenarsi e a giocare in 1-3 settimane.

 

2) Se il sovraccarico non viene trattato, il calciatore comincerà a lamentare un dolore sempre più presente e intenso, che scompare dopo il riscaldamento, ma che aumenta esponenzialmente a fine allenamento. In questa fase il calciatore può tornare a giocare in 3-6 settimane in base all’evoluzione di dolore e capacità funzionali.

 

3) Se si cronicizza il dolore, il calciatore arriva al punto di non riuscire più ad allenarsi ed avere dolore anche durante le attività di vita quotidiana, come sedersi, camminare e guidare la macchina, rendendo il recupero molto più lungo e complicato, arrivando a una durata che può protrarsi fino a 3-4 mesi.

 

 

In caso di dolore all’inguine e pubalgia nel calcio, risulta quindi fondamentale gestire l’infortunio fin da subito: coprire il dolore con un farmaco anti-infiammatorio o con una iniezione di cortisone per riuscire a giocare una partita, esporrebbe il giocatore a un infortunio più severo, che lo costringerebbe poi a saltare molte più competizioni. Infatti, modulando il dolore con i farmaci, il giocatore riesce ad allenarsi e a giocare, continuando, però, a sovraccaricare il proprio corpo e a peggiorare inesorabilmente la sua pubalgia.

 

In letteratura internazionale vi è oramai evidenza di come una pregressa pubalgia, così come elevati livelli di gioco, scarsa forza dei muscoli adduttori e più bassi livelli di allenamento sport-specifico, siano associati ad un maggiore rischio di insorgenza di pubalgia negli atleti.

Sebbene sulla diagnosi e trattamento della pubalgia si faccia ancora molta confusione, proprio per la difficoltà nel discriminare la struttura disfunzionale tra tutte quelle presenti nella zona pubica, sappiamo che nei calciatori due casi di pubalgia su tre sono da attribuire ad alterazioni fisiologiche della muscolatura adduttoria.

 

Vincenzo Longobardo

Fisioterapista Ssc Napoli

Dottore in Scienze Motorie www.fisionapoli.com

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