di Tommy Totaro
Miglior opera prima alla Festa del Cinema di Roma, premio speciale della giuria per la regia al Tallinn Black Nights Film Festival. E, poi, plausi in Irpinia, al Laceno d’Oro, nato da un’intuizione di Pierpaolo Pasolini e a Rio de Janeiro al Festival de Cinema Italiano no Brasil.
Non è ancora approdato nelle sale, eppure, “Ciao bambino”, lungometraggio d’esordio del soccavese Edgardo Pistone ha già collezionato una sfilza di importanti riconoscimenti in giro per il mondo.
“I festival, per film come il mio, sono particolarmente importanti – spiega il regista e sceneggiatore del Rione Traiano – perché danno la possibilità di trovare un pubblico più ampio e non quello generalista, che solitamente si trova al cinema, il più delle volte, un po’ distratto. Quindi, questi riconoscimenti, mi riempiono di gioia anche se, oltre al grado di soddisfazione, la cosa importante è che i film attraverso questi premi vengano riconosciuti per la qualità. Quindi mi fa doppiamente piacere perché i festival rappresentano un mezzo per mostrare i film e, allo stesso tempo, offrono la possibilità di attribuire i giusti riconoscimenti a prove artistiche che altrimenti resterebbero vanificate”.
Edgardo, ci sveli qualcosa su “Ciao bambino”?
Parlare di un film, per un regista, è sempre pericoloso perché rischia di svilire quelli che sono gli aspetti più profondi e nascosti all’interno della visione. Posso dire, di base, che racconta la storia di Attilio e l’amore che nutre nei confronti di una prostituta scappata dall’Est, che dovrebbe sorvegliare. Questa situazione mette, però, in crisi un altro obiettivo: tutelare suo padre appena uscito dal carcere, che ha un debito consistente con un usuraio del quartiere. Tutto ciò metterà Attilio davanti a una scelta: scappare col nuovo amore o salvare suo padre?
Sei anche sceneggiatore, con Ivan Ferone, di questo lungometraggio. Com’è nata l’idea?
Attraversavo un momento abbastanza delicato, reduce dalla scrittura di altri due film, che non erano riusciti a prendere finanziamenti… così, decisi di tirare fuori questa storia nata dalla fusione di due soggetti diversi. Il primo, voleva raccontare il rapporto che avevo con mio padre, il secondo, puntare i riflettori sull’allarme lanciato da vari enti internazionali, che ritenevano a rischio le donne scappate dall’Ucraina dopo l’invasione della Russia. Sostenevano, che molte fossero a rischio tratta, ingannate e poi messe sulla strada. Dall’unione di queste due idee è scaturito “Ciao bambino”, che ritengo contenga, comunque, tutte le mie frustrazioni, desideri, ambizioni, sogni… Quando uno realizza il primo film prova a ragionare come se fosse l’ultimo, perché non è detto che te ne facciano fare altri.
È vero che c’è anche il tuo papà nel cast?
Sì. E ho deciso di fargli interpretare il padre del protagonista perché la sceneggiatura del film è ispirata vagamente ad alcune vicende che hanno visto coinvolti me e lui quando io avevo l’età di Attilio. Gli ho affidato questo ruolo poiché ho scoperto precocemente che fosse un bugiardo: caratteristica importante per chi intende fare questo lavoro. Prima d’ora, non aveva mai fatto l’attore, ma se l’è cavata alla grande e già ci sono colleghi, amici registi, che si sono interessati a lui.
Com’è stato lavorare insieme?
Non semplice, visto che si è capovolto un po’ il ruolo che si ha nella vita. Sul set ero io il padre e lui il figlio. Io il regista, lui l’attore. Tutto quello che doveva fare dipendeva da me e da ciò che gli dicevo. Questo, spesso mandava in crisi entrambi creando un corto circuito, secondo me, interessante, che ha portato il film a un livello superiore.
In questo lavoro hai voluto coinvolgere anche Soccavo…
Sì. In realtà io penso che, per ragioni a me ancora sconosciute, il nostro quartiere sia poco rappresentato… Mi interessava raccontarlo perché credo che il paesaggio esteriore condizioni sempre quello emotivo, interiore. E, a guardare alcuni scorci del nostro mondo, si respira un’assenza, un vuoto, che è quello che abita anche il protagonista del film. Per questo ho scelto di girare qua anche perché mi divertiva l’idea di rendere immortale in un film quelli che sono stati i luoghi della mia infanzia e dell’adolescenza, che tutt’ora vivo. E per un altro motivo…
Quale?
Mi piaceva rappresentare un contrasto, che spero si evinca nel film: portare qua, zona un po’ vuota, dove si respira questa sensazione simbolica di morte, un set cinematografico che, invece, sembra un’esplosione di vitalità.
Anche i protagonisti sono del quartiere?
Sì, Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk, due attori di grande talento. Oltre a loro due c’è il gruppo di amici di Attilio formato da ragazzi non solo della zona, ma provenienti da tutta la città, che vivono l’adolescenza come un idillio e si scontrano con il dramma della crescita in una metropoli difficile come la nostra.
“Ciao bambino” è già è arrivato nelle sale?
No. L’uscita è prevista per fine gennaio perché in questo periodo quasi tutti i cinema sono pieni di film di Natale per famiglie e, quindi, insieme alla distribuzione abbiamo deciso di attuare questa strategia. In realtà, non vedo l’ora che arrivi nelle sale così, finalmente, avrò la possibilità di dare in pasto al grande pubblico ciò che io ormai conosco bene e ho condiviso, al momento, solo con pochi.
Ti spaventano le critiche?
Assolutamente. Anzi. Aspetto di leggere sia quelle più feroci, che quelle positive, magari, provenienti da qualcuno che si riconosca in qualche modo. Con la speranza che questo film possa rappresentare l’inizio di altre operazioni cinematografiche, che mi vedranno coinvolto.
Adesso ti stai godendo il meritato riposo o già sei al lavoro su qualcos’altro?
Sono in piena attività. Sto lavorando a un film collettivo, che vede coinvolti anche altri registi provenienti da città del Mediterraneo come Barcellona, Marsiglia, Atene e Palermo, oltre Napoli, rappresentata da me; e all’adattamento del romanzo di uno dei miei scrittori preferiti. E, poi, sto provando a riadattare una mia vecchia idea.
Potendo scegliere, sognando anche un po’ ad occhi aperti, quali attori ti piacerebbe coinvolgere in un prossimo film?
Robert de Niro, Leonardo Di Caprio, Joaquin Phoenix… Sono tanti. Tra gli italiani, invece, Luca Marinelli, però, solo quando avrò la certezza che sia il film giusto. Comunque, confesso: mi piace lavorare anche con i non attori. Quindi, questo enorme desiderio di arrivare alle star ancora non ce l’ho, perché sono molto incuriosito dai volti nuovi che incontro spesso quando faccio casting.